Ritratto di Sandro Frizziero


Recensione
Ritratto di Sandro Frizziero è un racconto breve che getta luce sulle difficoltà dei rapporti familiari, dove l'autore è (come al suo solito) abile nel costruire una struttura narrativa complessa che esce fuori dagli schemi per creare e sviluppare una semplicità di pensiero riguardo alle difficoltà della vita, le relazioni e gli affetti.
Con uno stile a volte "sgradevole" e a tratti ironico l'autore ci trascina nella vita della protagonista che, assalita da un sentimento di rabbia e gelosia nei confronti di un matrimonio apparentemente perfetto, in maniera quasi istintiva si ritrova a mettere in parallelo la sua interiorità ovvero quel suo fallimento di donna e moglie.
Guardare il passato senza nostalgia era l'unico mezzo per vivere il presente solo attraverso cinismo ed egoismo, anche nei confronti di quei tanti oggetti, condannati a sopravvivere a tutto e tutti, dei quali bisognava liberarsi in fretta, per vivere quel dolore in maniera effimera, riponendo in sacchi vuoti tutte quelle "malinconie quotidiane", per distruggere (anche materialmente) la paura di spegnere la memoria.
La protagonista trova il coraggio per restare sola, per non essere costretta a fingere e per isolarsi dal mondo nascondendosi in un rifugio sicuro dove dimenticare la sua condizione interiore, trovando un alibi nella pittura che avrebbe consentito anche l'occasione per lasciare una traccia del suo passaggio esistenziale.
Il ricordo diventa una resa, una sconfitta dove non c'era spazio per la tristezza: se essere tristi era un lusso troppo grande, solo la nostalgia era possibile per contenere una insofferenza che magari poi avrebbe reso più forti e più capaci di ritrovare il giusto modo per affrontare tutto, nel bisogno di rimanere indifferenti nei confronti di una vita che scorreva veloce.
Nel libro di Sandro Frizziero possiamo ritrovare diversi elementi analoghi al romanzo di Paul Auster "L'invenzione della solitudine", soprattutto nel tentativo di identificare la solitudine come sinonimo d'incapacità di comunicare e di amare; lo stesso tentativo di riavvicinare le radici attraverso singoli oggetti si riconosce nello sforzo della protagonista di ricostruire in maniera neutrale e oggettiva il ricordo di una persona cara, soffocato però dalla necessità di distruggere tutto per dimenticare (anche la propria imperfezione) e contenere un rancore mai sopito.
Complimenti a Sandro Frizzerio (che seguo da tempo con stima e affetto) che ancora una volta riesce attraverso i suoi romanzi a proporre uno sguardo diverso per vedere le cose, in un percorso a mosaico dove lo scorrere del tempo si misura in un crocevia tra la vita e la morte, suscitando interrogativi complessi soprattutto sui ruoli, sull'affettività e sull'incapacità emotiva di sfuggire ad un sentimento (che dimostra debolezza) come la compassione.


Sandro Frizziero è nato a Chioggia nel 1987. Ha esordito nel 2018 con Confessioni di un Neet, edito da Fazi, finalista al premio John Fante 2019. Nel 2020 ha pubblicato Sommersione (Fazi), classificato secondo al premio Campiello. Suoi racconti sono usciti su quotidiani e blog letterari.
Altri libri di Sandro Frizziero :
Il bene che ti voglio ( leggi la recensione )
Sommersione ( leggi la recensione )
Confessioni di un NEET ( leggi la recensione )