Scintille di Alice Zanotti

20.11.2025

Montefosca è un paesino celato dalle montagne, una conca al confine con la Jugoslavia in cui nessuno arriva mai. È lì che vivono Alma, Anna e Buia – tre sorelle, una sola voce per raccontarsi. L'italiano lo parlano soltanto loro a Montefosca, gli altri comunicano in una lingua che serve a dire il quotidiano: la terra da coltivare, gli animali da nutrire. Le tre ragazzine invece ascoltano la voce dei monti e il fruscio del bosco, tendono l'orecchio al vento, specchiano i loro occhi nel cielo e nel fieno da falciare, in attesa del primo gelo che le porterà lontano, in collegio. E la più piccola, con coraggio e ribellione, si stacca dal coro per dar voce a ciò che ha davvero dentro, sentimenti difficili da comprendere ed esprimere come "amore", come "felicità", come "malinconia". "Chiamatemi Buia," dice alle altre, perché "dentro il mio corpo ho il buio delle parole che non capisco". 

                                       Recensione

Alice Zanotti nel suo romanzo affida il racconto a tre voci innocenti che si alternano in maniera naturale fondendosi in un unica mente e in uno sguardo comune su un microcosmo dove ogni personaggio incontrato è testimone di un passaggio esistenziale , non identificabile se non nella coralità, dove la vita, la morte, il desiderio e la speranza si esprimono per contrastare quella presenza ingombrante, ostile chiamata progresso.

Quella di Buia è una voce coraggiosa che abbandona momentaneamente il dialetto per isolarsi e cercare di colmare quei silenzi di fronte a parole assenti, spinta dal bisogno morboso di capire, di comprendere ma soprattutto gestire un desiderio che nonostante tutto obbliga a rimanere se stessa.

Allontanarsi dai pensieri e ritrovare quel silenzio , violentato dal rumore di una rivoluzione, per immergersi completamente nella natura, per ascoltare la voce della montagna che poteva essere interrogata solo tramite quell'innocenza che gli altri non avevano più.

Questa asincronia tra sogno e realtà accentua, nel contesto narrativo, la differenza linguistica che contamina la mente e non riesce a esaudire la volontà di esprimere pensieri e percezioni attraverso parole assenti, soffiate di giorno e gridate di notte, quando non venivano ascoltate, incitando quell'incendio interiore che diventava poi soltanto cenere.

L'autrice, con una scrittura accurata e sincera, utilizza simbologie e metafore per trasformare in allegoria quella forza combattiva che reclama identità e memoria elevando un grido che da innocente diventa quello di un intero paese che stava morendo sotto i colpi del progresso.

Con parole misurate, attraverso un ritmo narrativo che sembra quasi ripercorrere l'andamento delle stagioni, l'autrice riesce attraverso la liricità dei protagonisti a far vibrare un linguaggio che non vuole cedere ma resistere di fronte al cambiamento, davanti alla perdita di un mondo che non sarà più come prima e dove non ci sarà più tempo per pensare.

Tanti complimenti sinceri ad Alice Zanotti perchè con il suo romanzo dimostra un'abilità linguistica non indifferente, capace di rendere viva una lingua che diviene tangibile, tra parole sconosciute e altre impronunciabili, in una storia che fonde memoria e desiderio nel tentativo di liberare quell'innocenza capace di reinventare un mondo in rovina, con la ribellione tipica dell'età e purtroppo offuscata dagli anni.


Alice Zanotti

è nata a Bologna nel 1985. Lavora al TPE Teatro Astra di Torino. Ha esordito con Tutti gli appuntamenti mancati. Un ritratto immaginario di Amelia Rosselli (Bompiani, 2021).

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